Io trascino - racconto (agosto 2012)

 
 

Io non cammino. Io trascino. Per la precisione, trascino una gamba. L'altra potrebbe camminare, ma per cortesia non lo dà a vedere.

Mi hanno spaccato tibie e peroni in una piazza, qualche estate fa. Lo hanno fatto in cinque, coi manganelli. Lo hanno fatto per tutelare l'ordine. Perché io correvo verso il disordine e loro dovevano rallentare la mia corsa. Così potevo riflettere meglio.

Ora, rifletto meglio.

L'operazione è riuscita per metà: la gamba sinistra si rifiuta di piegarsi, ma quella destra se ne fotte.

Quando correvo, facevo i cento metri in meno di 11 secondi. Ero bello e in forma. Vivevo con mia madre e avevo un lavoro precario.

Odiavo i prepotenti.

Due mesi prima che mi spaccassero le gambe, ho sottoscritto un'assicurazione. Ora, grazie a quella, incasso 500 euro al mese. Sono invalido e mi hanno concesso un alloggio sociale. Ho pure ottenuto un lavoro. Faccio il bidello alle medie.

Odio ancora i prepotenti.

I cinque che mi hanno spaccato le gambe sono stati assolti. Da allora mi mescolo alle loro vite, perché riflettano meglio. Al primo ho tagliato i freni della bicicletta fuori casa e lui s'è schiantato contro un muro: ha perso la memoria. Del secondo ho scopato la moglie nel suo letto: ha divorziato. Il terzo l'ho filmato mentre adescava minorenni: si è sparato. Il quarto e il quinto sono ancora in attesa: riflettono, terrorizzati.

Io una volta camminavo. E mi accompagnava l'ingiustizia. Poi ho cominciato a trascinare. E tutto è andato per il verso giusto.