Il predatore - Parola all'autore
Scrivere “Il predatore” è stata un'esperienza nuova. Infatti, oltre ai romanzi e ai racconti pubblicati nei panni di Tersite Rossi, in quelli di Marco Niro avevo pubblicato finora solo un saggio e un libro per ragazzi. Di conseguenza, “Il predatore” è per me, di fatto, un esordio letterario, difficile ed elettrizzante come tutti gli esordi. Preciso che con Mattia Maistri, l'altro membro del collettivo, non c’è stata nessuna rottura, solo una separazione temporanea. Il percorso di vita di Mattia lo ha allontanato dalla scrittura e io, che fermo con le dita non ci so stare, ho pensato che era il momento buono per provarci da solo, per dedicarmi a un mio vecchio progetto: scrivere un romanzo di puro genere, ambientato in montagna, raccogliendo due sfide.
La sfida della forma: usare il genere noir per fare narrativa d'inchiesta
La
prima era legata alla forma: volevo provare a usare gli stilemi del genere, in
tal caso quelli del noir e del thriller, non tanto per sovvertirli o addirittura
rinnegarli, come sempre ha fatto Tersite Rossi, quanto, più rispettosamente
diciamo, per “piegarli” e renderli funzionali alla causa della narrativa
militante e d’inchiesta, ovvero l’unico modo, credo, per fare sì che, oggi, il genere
letterario resti vivo e significativo, senza limitarsi a essere uno stampino o
peggio ancora una gabbia. Tutto questo infilandomi nel filone della cosiddetta “letteratura di montagna”, oggi molto significativo e popolato.
La sfida del contenuto: scrivere di montagna, figuri ambigui e fauna selvatica
La
seconda sfida, invece, aveva a che fare col contenuto: senza essere un montanaro (in montagna ci vivo da quasi vent’anni, ma ho trascorso in riva al
Po i miei primi venticinque), volevo provare a scrivere di montagna
focalizzando su una certa
realtà meschina che da troppo tempo vedo prevalere, una realtà
popolata da figuri ambigui, a livello tanto politico quanto economico, che
dicono di volersi battere per il futuro della montagna e al tempo stesso la
distruggono, come ambiente e come cultura. Il rapporto distorto che è
venuto a crearsi tra uomo e fauna selvatica, tra noi e gli orsi, m’è parso
l’elemento più emblematico, oggi, se si vuole capire la realtà di cui sto
parlando. E così ho deciso di metterlo al centro di questo romanzo.
Un romanzo attuale... che non doveva esserlo
Vi
dirò anche da cosa “Il predatore” non
nasce, e probabilmente sarà una cosa difficile da credere: non è un romanzo
che ho scritto per cavalcare l’attualità. Gli amici di Bottega Errante, l'editore, mi sono
testimoni: hanno ricevuto la bozza del romanzo nel 2021, ovvero due anni prima che la cronaca si riempisse dei fatti tragici che conosciamo,
e che hanno trasformato la delicata questione della convivenza tra uomo e fauna
selvatica in un feroce, irrazionale dibattito tra tifoserie, tanto privo di
scientificità quanto caratterizzato, fin troppo, da strumentalità bieca e
opportunista. Eppure... Eppure, chi leggerà oggi “Il predatore” non potrà fare
a meno di pensare che io abbia preso spunto direttamente da quei fatti, e lo
dico perché io stesso, nel rileggerlo, ho pensato: “Com’è
possibile? Le cose sono andate proprio così, quasi identiche a come le avevo
immaginate...”. Quasi, per fortuna. Se leggerete, capirete cosa voglio dire. E a
quel punto sono certo che non mi crederete.
Marco Niro