Gleba - Assaggi - Il professore

 

Quarantaquattro anni ancora da compiere, laureato in giurisprudenza (a trent’anni, ma poco importava), docente a chiamata (alias precario), privo di abilitazione all’insegnamento (per scelta, a seguito della sua personalissima protesta contro il sistema di reclutamento ministeriale), costantemente in attesa di una supplenza presso gli istituti superiori cittadini per l’insegnamento di “Diritto ed economia” (la disciplina che nessuno studente studia e nessun collega considera), fine lettore e acuto critico letterario a mezzo web (con quasi cinquanta iscritti al suo canale YouTube), frequentatore dei salotti culturali cittadini (ma solo se allestiti nelle biblioteche pubbliche), il professor Calopresti godeva parecchio a vestire i panni del vendicatore. Ritenendo indecente il declino culturale italiano, si era caricato del gravoso onere di fustigare i cattivi costumi. A suo parere,  in un paese civile i tanti scrittori evidentemente indegni di pubblicazione dovevano essere ricondotti alla mediocrità di cui erano epigoni. E per farlo l’arma più consona era lo sberleffo, ancora meglio se rafforzato dalla volgarità del linguaggio.

Quella di vendicatore, in ogni caso, non era la sola passione di Calopresti. Nell’abbondante tempo libero lasciatogli dal lavoro a singhiozzo, da convinto assertore dell’adagio latino mens sana in corpore sano, amava dedicarsi in modo quasi maniacale alla cura del corpo, frequentando le palestre cittadine tanto quanto i salotti culturali, se non di più. In particolare quelle che offrivano una settimana gratuita di prova. Anche nell’arte dello scrocco, infatti, Calopresti non era secondo a nessuno.

E fu proprio in palestra che si diresse quel giorno, dopo aver lasciato la biblioteca. La “Fashion body” era sorta nel nuovo quartiere alla moda, all’interno del quale, più che un pesce fuor d’acqua, il professore si sentiva come Virgilio in un girone infernale: distaccato e severo.

Appena varcata la soglia, fu trafitto da uno spietato getto di aria condizionata, orpello insensato di un’estate allungata artificiosamente, nonostante l'avanzata di un settembre già freddo. Per evitare di buscarsi una bronchite, rimase in compagnia della ragazza alla reception giusto il tempo per udirne l’insopportabile descrizione dei servizi offerti dalla palestra, condita inevitabilmente di stra-, iper- e -issimi che provarono non poco la tenuta nervosa del professore. Che, tuttavia, perdonò la giovane in virtù della generosa scollatura che gli consentì, per un istante, di fare pace non solo con lei ma con il mondo. Da vero amante della bellezza, infatti, Calopresti non disdegnava mai di gettare l’occhio dove essa abbondava. E poco importava il vincolo di fedeltà previsto dal contratto di matrimonio che lo legava alla moglie da otto anni e pure il fatto che lui a sua moglie volesse anche bene. Al potere della bellezza - così era solito giustificarsi - nemmeno gli dei possono resistere. Così, in virtù dell’ineluttabile destino di esteta, anche quel giorno si ritrovò ad annuire compiacente a un sorriso femminile da copertina e, soprattutto, al seno sodo e ritto che gli sottostava, ricordandogli quanto la forza di gravità, più che una legge fisica, sia una mera variabile dipendente dall’anagrafe.